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Ermondo. Verissimo.
Auso. Or sa ella che ho saputo
esser partito vantaggioso assai
questa vedova ancor con cui ragiona?
Ermondo. Si, ma è una sotta.
Idalba. C’è chi non capisce,
come per dir mia moglie vada detto
mia fama, adducendo che sua fama
può esser buona e la moglie cattiva.
Ma non sanno ciò ch’io ho imparato, che
si può anche dir mia sposa, benché fosse
sposata un secol fa, e non si guarda
la sconcordanza.
Ermondo. O signora, le torno
a dir che parrá sempre un paruchetto,
e fará rider tutti.
Auso. Ha molto genio
verso di lei questa donna.
Idalba. Mi pare
di vederlo turbato. Io le prometto
che son molto toccata —
Auso. Male.
Idai.ba. — e assai
sensibilmente —
Ai.iso. Peggio.
Idalba. — per lo strano
accidente avvenutole.
Ermondo. Odi, Aliso,
io non vo’ saper nulla di costei,
ché non imparerebbe a parlar mai.
Fagli per me miei complimenti. Io voglio
che da questa cittá partiam dimani.
Con sua licenza, signora, m’è forza
uscir de l’orto.