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in fallo, andava bene; ma ora in grazia

si ritiri, e non entri ove non dèe.
Ermoxdo.   E se andiam lieti con pensier di nozze
e a fissar matrimonio che v’importa?
Volete intervenirvi? Io noi disdico.
A r. fosso. Né voglio intervenir, né vo’ che voi
ci siate; ché la spada ho stabilito
cacciarvi prima ne’ fianchi e mandarvi
a far nozze di lá. Qui nel giardino
corre pena di morte a chi sfodrasse
la spada; però andianne fuori tosto,
ché l’un di noi non ci tornerá piú.
Ermoxdo.   Andiam subito, io son persona da
spedir questo negozio anche qui dentro
con tutte queste pene.
Anselmo.   Deh, signori,
fermate. Qual furor vi prende e quale
afflizion volete darmi? Alfonso,
credete a me, lasciate ch’io v’informi;
voi siete pur dalla parte del torto.
Mia figliuola era giá promessa innanzi.
Alfonso.   Certo promessa, ma a me; ingannata
el 1 ’ è e tradita. Ecco la pruova : piacciale
di legger questa lettera.
Anselmo.   O che veggo !
questo è il sigillo e la man de l’amico
Ortensio.
Alfonso.   Legga, legga.
Er mondo. Ora che diamine
d’imbroglio sará questo? Veramente
mostravan sempre di credermi un altro.
Anselmo.   Qual confusione or è la mia? Mi scrive
l amico che sen vien Flavio e che la
sua servirá di credenziale; dubbio
non può dunque restarmi. E pure grandi
anche per l’altro son gl’indizi, il segno