Pagina:Maffei, Scipione – Opere drammatiche e poesie varie, 1928 – BEIC 1866557.djvu/205


atto terzo 199


Anselmo.   Or perché ancora

sta duro? Venga ormai, ché la finzione
non cade piú a proposito.
Ermondo.   Finzione?
Son io dunque uomo finto? o dentro me
sta qualcun altro? Che diable succede?
Dovrebbe farsi segnar l’uno e l’altra.
Idalba.   Vuol dire cavar sangue; me lo disse
l’altro dí, ma bisogno n’ha egli.
Anselmo.   Appunto
io temo, Idalba, ch’egli abbia del matto.
Perché star forte nel celarsi, quando
mi ha dato un controsegno indubitabile?
Tuttavia sospendiamo ancora. Chi
sa qual fine in sí fatta stravaganza
possa aver? Secondiamo ancora un poco
suo bell’umore e lasciam che la scena
corra. Ritratto, amico, ciò che prima
vi dissi, e vi lascio come prima
padron di casa.
Ermondo.   Oh questo si è ben detto!
Con questo sí si mostra uomo abile!
Vo’ gire in cerca d’Ersilia; io peno,
quando non miro il suo vago visaggio.