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atto terzo 195


SCENA IV

Anselmo e Lippo.

Anselmo.   Buon giorno, galantuom; parmi che siate

forastiero in Livorno.
Lippo.   Signor si
e sono servitor del mio padrone.
Anselmo.   Cosí mi penso; ma il vostro padrone
come si chiama?
Lippo.   Non si sa: perché —
secondo tempi e secondo occasioni.
Anselmo.   Come a dir? forse va cambiando nome?
Lippo.   Non mai, la non m’imbrogli: egli si chiama
Alfonso Corbi ed è onoratissimo
e virtuoso, fa composizioni
lunghe e corte e sa legger francamente.
Anselmo.   Ha egli moglie?
Lippo.   Non l’ha ch’io sappia.
Anselmo.   E credesi
la voglia prender?
Lippo.   Forse sí e forse no.
Anselmo.   Di qual cittá è egli?
Lippo.   O questo poi,
nol dirò mai.
Anselmo.   Non vien da Modona?
Lippo.   Chi glie l’ha detto?
Anselmo.   E quando si partí,
non partí da sua casa?
Lippo.   Chi ne dubita?
Ma di qual parte sia, non voglio dire;
e perché non m’interroghi, vo’ girmene,
non vo’ parlar piú con lei.