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atto terzo 193


di tempo in tempo.

Ersilia.   Nel paese vostro
si trovan funi per legare i matti?
Ermondo. In somma, Ersilia, se mi fate grazia
resterete gustata e ci farò
essere anche un mio amico di riguardo,
col quale ho avuto l’onor d’ubriacarmi
piú volte, ed è giocator singolare.
Ersilia.   O signore, io non giuoco mai.
Ermondo.   S’intende
di flauto, e gioca tutto a libro aperto.
Despina.   E gli altri a libro chiuso?
Auso (a Despina)   Vien a dire
che suona tutto all’improvviso.
Ermondo.   E se
rinfrescar si vorrá con un sorbetto,
non d’ampomole, qual donna ordinaria,
ma l’averá di framboesie.
Ersilia.   Io tróvomi
cosí ripiena de’ squisiti cibi
ch’ella mi ha messi innanzi, che m’è forza
con sua licenza d’ir a passeggiare.
Ermondo. E fra tanto io n’andrò da l’altra parte.

SCENA III

Anselmo e Idalba.

Anselmo.   Voi dite bene, cosí credo anch’io;

se ha parlato cosí, quegli è lo sposo
d’Ersilia, e non il primo.
Idalba.   Piú che penso
piú mi par veder che cosí è.
Ermondo è grazioso, è costumato,
ma non è quello.