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atto secondo | 181 |
Vorrei piriar che molte gran cittá
non avranno altrettanto; non ci manca
se non gazone e il bacin.
Anselmo. Ma volendo
lavarsi, sará súbito servita
dal custode.
Alfonso. Mi piace altresí molto,
che non ci veggo venir se non gente
di qualitá.
Anselmo. Vuol dir buone o cattive?
Alfonso. E d’estrazione.
Anselmo. Intend’ella del lotto?
Ai.fonso. Che c’è forse anche qui la lotteria?
Anselmo. Come le piace; ma la prego farmi
grazia, se ha qualche nuova delle armate.
Alfonso. Veramente ne ho, perché le lettere
d’oggi mi hanno marcato un fatto strano;
ma è difeso il parlarne.
Anselmo. Vorrei fosse
stato piú tosto difeso da l’essere
marcato, come dice. Ora mi viene
in pensier che costui può esser Flavio
niente meno de l’altro; il contrasegno,
che finora ne ho, tanto confronta
co’ l’un come con l’altro. In grazia dicami:
vien ella, come parmi, dalle parti
di Lombardia?
Alfonso. Per l’appunto, e mi chiamo
Alfonso Corbi; ma non mi ricerchi
di vantaggio.
Anselmo. Non giá, piú non m’inoltro;
anzi men vado, lasciando che possa
accostarsi a sua posta alle signore
che vengon qua per prender aria e muoversi.