Pagina:Maffei, Scipione – Opere drammatiche e poesie varie, 1928 – BEIC 1866557.djvu/166

160 le cerimonie


Massimo.   Io ne sono

a pien contento.
Leandro.   Io tocco il ciel col dito.
Aurelia.   Somma è la mia allegrezza.
Orazio.   Ma la mia
supera ogn’altra.
Leandro.   Or vedi, se si è
svegliato il modestino, che parea
s’inritrosisse a l’odor de le nozze!
Or via ben, tocca a te di far la prima.
Orazio.   Che mi comanda, signor padre?
Leandro.   O adesso
che ti comando! T’avrò da insegnare?
Massimo.   La mano a mia nipote, e tutto è al termine.
Orazio.   La mano? Che dobbiam forse ballare?
Son pronto.
Leandro.   Sí ballare! E che? non sai
come si fan gli sposalizi, sciocco?
Orazio.   Sposalizi?
Aurelia.   O che vien dal mondo nuovo?
Orazio.   Funzion di sposalizio io non potrei
farla con la signora Aurelia.
Aurelia.   Cosa?
Leandro.   Che di’ tu?
Orazio.   Non potrei, perché l’ho fatta
pur or con questa giovane.
Leandro.   Che?
Massimo.   Come?
Aurelia.   Tristo, era questo il complimento?
Bruno.   In fede
mia, quel colloquio non mi piacea punto,
Leandro.   Ah indegno!...
Orazio.   Deh perdóno, signor padre,
perdóno; forza di destin, d’amore,
lo andava a morte in pochi dí, s’ogn’altra
che questa era mia sposa.