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atto quinto 147


SCENA III

Bruno e Trespolo.

Bruno.   E cosí dunque tu credi si facciano

due matrimoni a un tratto.
Trespolo.   Certamente,
perché so che il padron cosí desidera
e ogni cosa è apprestata; canterassi
a quattro e ci vorrá, cred’io, un maestro
di cappella per far che tutti vadano
a tempo. Se le canzonette piacciono,
saranno replicate, e averá in fine
il maggior viva chi fará piú repliche.
Bruno.   Mi par che a questo sapor tu ti sia
messo in galleggio; penso ch’abbi in traccia
per te ancora una sposa.
Trespolo.   Io? Qualche gonzo.
Non ne fa Trespol di queste, non m’ha
insegnato cosí quella buon’anima
di mio padre.
Bruno.   Che t’ha egli insegnato?
Trespolo.   M’insegnò con l’esempio, ei non si volle
maritar mai.
Bruno.   O buon! Rimaritarsi,
vuoi dire; dopo della prima moglie
non si sará piú ammogliato.
Trespolo.   Io vi dico
che non si ammogliò mai, intendete?
Bruno.   O bravo!
intendo: fai molto bene a vantare
questa prudenza sua.
Trespolo.   E raccontava
ch’anche il padre di lui non avea mai
avuto moglie.