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144 le cerimonie


Camilla.   E da questo misuri

tu le persone.
Vispo.   Senza questo ancora
le dico che in un dí n’ha fatto tante
ch’era d’avanzo la metá. Faceagli
oggi certun proferte con la pala,
andando a par con lui per via; mentr’era
sul fervore del dire, Orazio svolta
pian piano un conto e lo pianta; seguiva
quegli infizioso e gestiva, quand’ecco
si volta e vede di parlare ai muri,
l’altro non c’era piú. Un tal lodavalo
assai, come si usa; ei: — Che spropositi! —
e gli volta il piú bel di Roma. Un altro
non ritmava d’invitarlo a pranzo
fuor di tempo; egli allori — Vossignoria,
non fará tal sussurro, quando sappia
ch’io venir possa. —
Camilla.   Veramente
son modi un poco aspri, ma ci sono
de’ bagiani che il mertano e che provocano
l’impazienza; c’è un tal che invitar suole
una stagione per l’altra e racconta
le portate che vuol vi siano, e quando
vien quel tempo, di nuovo invita, ma
sempre per la stagion seguente.
Vispo.   E quella
de la strada? Ho incontrato il signor Lelio
buon cittadino, il qual per cerimonia
ha fatto cenno di dargli la strada.
Ma volea e non volea, or accennando
passar di sopra or di sotto; a tai moti
Orazio fermo: — Via ben, dice, a dritta
o a sinistra, ch’io vo, se m’intendete,
a tutte le maniere. —
Camilla.   O strambo! E come se