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atto secondo 97


SCENA IV

Orazio e Bruno.

Orazio.   Lodato il ciel, giá sono in salvo.

Bruno.   Come
signor padron? La casa è piena di
gentiluomin venuti a far visita
per rallegrarsi del suo arrivo, ed ella
si ruba via per la scala a lumaca
e per l’orto esce? Io le son corso dietro
per timore d’alcun sinistro.
Orazio.   Io gli ho
lasciati, perché si sfoghin fra loro,
recitando a piacer le lor legende.
Bruno.   Dunque non torna piú?
Orazio.   Non giá, finché
la casa non è sgombra.
Bruno.   O che fa ella
mai, per l’amor del cielo?
Orazio.   Ho detto a mio
cugin che certa urgenza indispensabile
mi costringe a sottrarmi destramente,
e che il prego però far le mie scuse
e supplire per me.
Bruno.   Disaggradisce
dunque le cortesie? i segni
di stima, d’affetto?
Orazio.   Anzi gradisco, e insino
che son venuti quei che di cuor vengono
ed han piacere di vedermi, gli ho
avuti cari e ho corrisposto; ma
quando hanno principiato le imbasciate