98 MACBETH.

Quanto un altr’uomo. In fiero orso del polo
Càngiati, e a me ti avventa; o d’un armato
Rinoceronte, ed un tigre africano
Prendi la forma, o, qual più vuoi, tremenda:
Pur che questa non sia, non tremeranno
Le mie valide fibre. Ovver ripiglia
La vita, e mi disfida in un deserto
A pugna singolare; e s’io ricuso
Impaurito, appellarmi una poltra
Femminetta! Va, va, terribil ombra!
Fuggi, vuoto spavento!
(L’ombra sparisce di nuovo.)
Ecco dispare,
Ed uomo io torno.
(Ai commensali.)
Sono a voi! Da mensa
Non vi levate.
lady.
Scompigliò gli egregi
Ospiti nostri quello strano accesso
Che vi prese, mio sposo; e la letizia
Tutta ne uccise.
macbeth.
E che? N’appariranno
E spariran, qual nugolo d’estate,
Senza farne stupir, tali apparenze?
Non più l’animo mio, non più me stesso
Riconosco al pensar che voi tranquilli
Tutto questo vedete; e mentre imbianca