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Le trattative, quindi, non approdarono per le eccessive pretese dei delegati inglesi del contegno dei quali ebbe sentitamente a lagnarsi col Salisbury Francesco Crispi, che anche in tale questione non voleva fare gli interessi altrui a spese dell’Italia.

Caduto il primo ministero Crispi, i suoi successori si affrettarono a rinunziare a Càssala in favore dell’Inghilterra, la quale aveva permesso che l’Italia, in caso di bisogno, sconfinasse nel Sudàn, a patto di restituire gli acquisti, quando fosse stato possibile all’Inghilterra di prenderne effettivo possesso. Erano state proprio queste giuste richieste, che avevano spinto il Crispi a protestare a nome d’Italia. Ma, senza l’atto inconsulto del Rudinì, il quale ebbe la dabbenaggine di considerare Càssala come «territorio addizionale» da restituire, a suo tempo, agli Egiziani, l’Italia era libera da impegni, tanto più che non si era potuto raggiungere l’accordo con l’Inghilterra. Adesso, invece, la situazione era compromessa, a meno di non voler stracciare il trattato, che è del 15 aprile 1891.

Càssala, adunque, senza l’esplicita volontà del nuovo ministero Crispi, fu occupata spontaneamente dal Baratieri, il quale, evidentemente, aveva pur ragione di farlo, affinchè il nemico non diventasse sempre più insolente, anche dopo la grave sconfitta da lui stesso subita in Agordàt.

Non meraviglia, quindi, che ad onta del predetto trattato, il Governo italiano si affrettasse ad annettere Càssala alla Colonia Eritrea. E ciò anche perchè non era ben precisato il giorno in cui quella nazione sarebbe stata in grado di riceverla dalle mani dei nuovi occupanti.

Ad ogni modo, nessuno che ci abbia seguito fin qui con benevola attenzione, può dubitare che, se Crispi fosse stato al potere, Càssala non sarebbe stata ceduta agli Inglesi, senza compenso alcuno, nè materiale nè morale: e l’Inghil-