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sconfitto re Giovanni, egli si sarebbe proclamato Negus Neghàst. L’Italia avrebbe ottenuto il possesso dell’Asmara ed un territorio di confine su un ciglio dell’altopiano.

Ma gli eventi precipitavano. Il Negus, avendo rifiutato di combattere contro gli Italiani, si era rivolto contro i Dervisci: Menelìch, adesso, temeva fortemente per la sua vita e per il suo regno, tanto più che i Mahdisti avevano veramente invaso il territorio abissino, incendiando, Ambacierà è saccheggiando Belesa. Il segretario di Menelìch, Iùssef Negussiè, faceva anche lui grandi premure, per timore che il Negus, tornando in settembre, avrebbe attaccato lo Scioa in ottobre.

L’Antonelli, nel frattempo, tornato nello Scioa, aveva portato e Menelìch il trattato da stipulare, una lettera di re Umberto ed una di Francesco Crispi ed anche dei doni. La lettera del Crispi era di questo tenore:

«I territori che il mio Re domanda non sono chiesti allo scopo di fare annessioni, ma bensì per avere un confine ben tracciato con l’Abissinia, e per mantenere i nostri soldati in luoghi meno caldi di Massaua».

Il Negus si era veramente diretto allo Scioa; ma, a causa di un’epidemia scoppiata tra le sue truppe, fu costretto a ritirarsi, differendo la lotta, senza rinunziarvi, tanto che l’Antonelli in data 20 febbraio 1889, scrisse che era conveniente aiutare sempre più il re dello Scioa, perchè «le condizioni dell’Abissinia sono tali che questa guerra, sebbene ritardata, non può mancare... Dalla parte dello Scioa abbiamo un Re amico che, se continueremo ad aiutarlo, ha tutte le possibilità di guadagnare il trono del re dei re e ci ricompenserà largamente di quanto facciamo oggi per lui».

Tutto ormai era stato concluso ed il Menelìch, rispondendo a re Umberto ed al Crispi, faceva loro sapere che l’Antonelli sarebbe prossimamente partito alla volta di