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uno dei più convinti consiglieri di una politica modesta, non si peritava di affermare molto leggermente che Massaua si sarebbe potuta difendere «con un battaglione contro tutte le forze dell’Africa».

Se questa non era incoscienza, ci si domanda perplessi che cosa sia mai l’incoscienza!

Non potendosi verisimilmente difendere Massaua, senza un certo territorio circostante, senza terraferma, in possesso degli Italiani, il Mancini aveva permesso l’occupazione di alcune località comme Archico, Arafali, distante quest’ultima 65 chilometri da Massaua.

Se non che il Ras Alúla, governatore dello Hamasién, non era contento di tale occupazione di territorio ed era deciso ad opporvisi. Dal canto loro, gli Italiani volevano occupare anche Saàti, che era presidio egiziano. Di guisa che, il 21 aprile, il colonello Saletta aveva fatto sapere, per lettera, che il suo governo gli aveva dato ordine di occupare Saàti, la quale località dista venticinque chilometri da Massaua: Ras Alula, dal canto suo, fece apertamente sapere che quello che si voleva occupare «era un terreno neutrale». Si delinea già all’orizzonte la tempesta che si addenserà minacciosa e distruttrice sul capo degli eroi di Dogàli.

Il governo italiano non aveva intenzione alcuna di inimicarsi né Ras Alula, né il Negus; aveva pertanto mandato la missione Ferrari-Nerazzini, che aveva concluso un’accordo con ques’ultimo, accordo per il quale egli poteva fare liberamente transitare le merci da e per l’Etiopia nel porto di Massaua mentre il Negus, in compenso, riconosceva all’Italia il diritto di occupare il paese dei Bògos e Càssala.

Ras Alula non la pensava così, specie dopo l’insuccesso della seconda missione italiana comandata dal generale Pozzolini. Questa missione era pronta sin dal 23 gennaio