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della Francia nel Mediterraneo stesso, tanto più che i Francesi non cessano dal chiamarlo un lago francese. L’Italia, d’altronde, non aspira a conquistare la Tripolitania ma vuole bensì, per salvaguardarsi, impedire che la Francia si ingrandisca sempre più.

Inoltre, — scriveva sempre il Menabrea al suo ministro — in Francia si ha un’idea quanto mai falsa ed unilaterale della personalità di Crispi, incaponendosi a considerarlo come il capo di una fazione, mentre egli è il rappresentate più genuino della Nazione; tanto che, nato nella estrema parte dell’Italia, in Sicilia, î trionfi maggiori li ha ottenuti a Torino, in Piemonte. Insomma, il Menabrea conclude che «il colloquio ebbe fine con pacatezza e con una reciproca stretta di mano».

In un altro rapporto, del 13 gennaio del 1891, il Menabrea avvertiva il Crispi che, in una cartina geografica pubblicata dal «Temps», le casi di Ghat e Ghadàmes figuravano in territorio francese. Consigliava, quindi, di rivolgersi direttamente a Londra, per avere appoggi in tale questione che interessava anche l’Inghilterra oltre che la Italia; e, in caso di negativa, di rivolgersi direttamente alla Turchia. Non era poi alieno dal pensare addirittura ad una occupazione della Tripolitania, per porre una buona volta fine ai continui sconfinamenti della Francia nella regione tripolitana. La campagna di stampa ostile dei giornali italiani, contro le azioni della Francia in Tripolitania, suscitò animate dichiarazioni del Ribot alla Camera francese, dietro interrogazione del Sig. Pichon. Il Menabrea, appena a conoscenza del testo ufficiale di queste dichiarazioni, ne telegrafò a Crispi il periodo più tagliente, che suonava: «Quant à cette campagne, dont vous a parlè tout à l’heure monsieur Pichon, quant à tous ces articles de journaux dont la frèquence et la similitude peuvent en effet attirer l’attention, c’est peut-ètre leur