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potesse e dovesse garentire l’Italia, nei suoi più vitali interessi mediterranei. Così fu sua costante politica di difendersi tutte le volte che venissero lesi gli interessi legittimi d’Italia. Sventò, quindi, col concorso della Triplice e con quello della stessa Inghilterra tutte le manovre della Francia tendenti ad annettersi definitivamente la Tunisia, ad impossessarsi a poco a poco dello hinterland della Libia ed a munire poderosamente il porto di Biserta: Ma ciò faceva — non già come si disse e come si crede tuttora da molti in Italia e fuori — perchè fosse gallofobo, ma perchè sopratutto e sopra tutti amava l’Italia e la difendeva con tutte le forze dell’anima sua: del resto, non faceva se non quello che gli altri facevano fuori d’Italia, primi fra tutti i Francesi, del cui acceso patriottismo nessuno può e vuole discutere.

Essendosi, adunque, l’equilibrio del Mediterraneo spostato con l’occupazione di Tunisi, a vantaggio della Francia, l’Italia pensò che esso potesse essere in parte ristabilito, con l’occupazione della Tripolitania e della Cirenaica da parte di essa. Ma era naturale che, anche qui, l’Italia si urtasse contro le mire e le aspirazioni della stessa Francia, di cui non mancavano prove evidenti, come quella dell’accordo anglo-francese del 1890, circa la delimitazione delle reciproche sfere d’influenza dei possedimenti franco-inglesi nell’Africa.

Qui non staremo a fare la storia delle manovre del governo francese per dimunire il valore reale della Tripolitania, perchè cose, in generale, ben note. Ma la gravità e la veridicità della cosa risulta dalla protesta, sia pur platonica, che la Turchia stessa inviò alla Francia, subito dopo l’accordo franco-inglese del 1890, a proposito della delimitazione delle rispettive sfere d’influenza, in cui veniva a trovarsi anche la frontiera meridionale della Libia. In sostanza, escluso il Borcu, il Tibesti ed altre