Pagina:Macaluso Aleo - I primi passi dell'Italia in Africa, 1932.pdf/29


— 317 —


Per l’Italia, tale invito, oltre che lusinghiero, doveva essere considerato come una vera e propria insperata fortuna, proprio come la interpretò Francesco Crispi e come aveva pensato il Gabinetto britannico.

L’offerta formale all’Italia per l’intervento in Egitto venne fatta la prima volta il 27 luglio 1882. Se non che l’Inghilterra sapeva benissimo che gli ostacoli che vi avrebbe incontrati non sarebbero stati nè punti nè pochi. Lord Granville, per tanto, il giorno appresso fece ripetere l’offerta da Sir Paget, ambasciatore d’Inghilterra, allo stesso Mancini, il quale rifiutò gentilmente col dire che, poichè la Turchia aveva promesso d’inviare delle truppe in Egitto, l’Italia non poteva impegnarsi ad intervenire accanto ad un’altra potenza, dato che era stata essa stessa a sollecitare quell’invio: «Non ci rimane, adunque, allo stato attuale delle cose, che ringraziare il Gabinetto britannico d’aver pensato che la costante amicizia dell’Italia potesse tradursi, in questa occasione, per l’Inghilterra, in un concorso utile.»

Lord Granville — scrisse il Menabrea — quando seppe ciò, «fu parco assai di parole..... e terminò col dirmi, in termini sempre benevoli, che, col proporci di concorrere con l’Inghilterra al ripristino dell’ordine in Egitto, il gabinetto britannico aveva creduto di dar prova di amicizia all’Italia, invitandola a prendere parte ad un’opera che sarebbe tornata di sua utilità.»

Così, anche l’Egitto sfuggiva di mano agli inesperti nocchieri della politica estera d’Italia, fattasi nazione non già perchè se ne stesse tapina, ma perchè, con gli ardimenti e col senno, si assidesse, senza tremebondo rossore, tra le più grandi nazioni del mondo.

Crispi — com’era naturale, costretto a tenersi alleato alla Germania per timore della Francia e all’Austria per timore dell’Austria — pensò tuttavia che la Triplice alleanza