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               «La politique, hèlas, voilà notre misère
               Etre rouge ce soir, blanc demain...».

Ma è certo che un’atto di scorrettezza palese, sia pure dettata da imprescindibili necessità, non può essere subìta a cuor leggero da una nazione che abbia la coscenza e la volontà incrollabile di contare nella bilancia dei destini dell’Europa e del mondo. Perchè certi atti inconsulti, spesso, finiscono per danneggiare coloro i quali li ànno compiuti, anche se tutte le apparenze concorrano a dimostrare l’opposto.

Ma il fatto che la Francia precorse scaltramente l’Italia in Tunisia non significa che quest’ultima mon ci abbia messa la sua diretta cooperazione; infatti, se la Francia potè compiere quell’atto di forza lo potè soltanto perchè l’Italia nè fu guardinga abbastanza, nè seppe far valere, con scaltrezza e perizia, i suoi diritti nel campo internazionale, come fece sempre il Crispi quando si vollero da chiunque attentare e calpestare i sacrosanti diritti della Patria sua.

Ad ogni modo, diplomaticamente e storicamente parlando, la sorte della Tunisia pare fosse decisa al Congresso di Berlino del 1878. L’Italia vi fu rappresentata dal conte Corti, ministro degli affari esteri del tempo, il quale — secondo l’espressione significative del Palamenghi — «assistette al Congresso come un’ombra». Forse il Corti aveva avute istruzioni remissive dal suo Governo. Ad ogni modo, a noi preme rilevare che la Francia chiese ed ottenne la Tunisia in cambio di Cipro, toccata all’Inghilterra e dell’occupazione della Bosnia-Erzegovina da parte dell’Austria. Furono i plenipotenziari britannici che offersero la Tunisia alla Francia, la quale, naturalmente, non se lo fece dire due volte; tanto più che essa non aveva da temere nessuna complicazione