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Imperatore del Marocco dell’epoca. Il trattato era di pace, di amicizia perenne e di commercio. Questo trattato — osserva giustamente Gustavo Chiesi — «è certamente notevole per l’epoca nella quale fu redatto, e per la intonazione di grande buona fede, semplicità e chiarezza con cui fu stillato: ben differente da tutti gli artifizi e da tutte le insidie che si condensano negli articoli dei più recenti atti o trattati, riguardanti la politica coloniale nostra e degli altri paesi» (p. 9).

Ma il piccolo Piemonte sapeva all’occorenza farsi rispettare da chi avesse avuto l’intenzione di perpetrare abusi e di ingiuriare la sua bandiera, angariando i sudditi da esso dipendenti. Fu così che, nel 1825, fu fatta una dimostrazione di forze dinanzi a Tripoli di Barberia, covo dei più audaci pirati nelle acque del Mediterraneo. Tale dimostrazione di forze giovò, senza dubbio alcuno, al prestigio della Stato Sardo che non era l’Italia nazione unita.

Quindi, i tentativi fatti da esso in Africa, non sono, in ogni caso, tentativi di colonizzazione o di conquista.

Ma, accanto a questo Stato Sardo, non bisogna dimenticare che gli Italiani della Penisola, frantumata e arlecchinesca, erano numerosi ovunque nell’Africa settentrionale: in Tunisia, in Egitto specialmente. Se non che queste colonie di Italiani, dipendenti dai vari staterelli d’Italia non erano neppure esse colonie di dominio diretto, perchè, in quel tempo, era assurdo poter far ciò ad una Italia che, se non era — come bestemmiò il Metternich — «un’espressione geografica» e come — con ancora più solenne insulto la chiamò il Lamartine — non era certamente in grado di pensare a conquiste coloniali, essendo essa stessa, purtroppo, una colonia. Colonia nel vero senso della parola, specialmente durante il glorioso e turbinoso periodo napoleonico. Perchè, in verità, nel concetto di Napoleone Bonaparte, l’Italia deve rappresentare una vera colonia dell’