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doppo cussì è piaciuto a Dio l’haverò cara". Maggiore fu il suo dispiacere allorchè il 13 luglio 1496 partorì una seconda femmina, nella quale rinnovò il nome della madre del marito, Margherita (v. copialettere, lib.VI). Il Marchese quella volta mostrò prendersela con più spirito della moglie, poichè rallegrandosi il 29 luglio del parto felice, aggiungeva: "Nè accade che per essere stata femmina noi nè altri ne restino freddi, però che se mai patre si chiamò contento di figlia, noi se chiamiamo et di questa et de l’altra, sperando che N.S. Dio, como ne ha concesso de le femine, ne darà ancora de li maschi, et noi siamo ben acti a posserne fare". La piccola Margherita, ciò nonostante, pensò meglio di volarsene al cielo la notte che precedette il 23 settembre, ond’è che i genealogisti ignorarono affatto la sua esistenza. Il buon Capilupo la lodava molto, e il 21 luglio, scrivendo al Marchese, dicevagli: "questa putina ... è nasciuta più bella che non fece la illma Ma Eleonora et ha qualche similitudine di V.Ex.". Leonora cominciava già ad invidiarla e sfoggiava, con compiacenza dei circostanti, il suo spirito infantile.</ref>. Nonostante i dolori morali sopravvenuti negli ultimi tempi della gravidanza, il parto riuscì felice se non agevole1; onde nel gennaio del 1494 Elisabetta, rimessa di nuovo in salute, riprese la via di Urbino2.
- ↑ Il 2 febbraio 1494 la Marchesa rimanda a Ferrara una pietra de Aquila e scrivendo al Prosperi dice che sebbene quella pietra la si vanti "molto a proposito a facilitare il parto", non ha punto mostrato per lei "la virtù sua", perchè "nui senza grandissima difficultà non se ne scaricassimo". (Copialett., lib.IV.). Ciònonpertanto non intepidì la fede di Isabella in quel genere di pietre, dacchè sul principio della seconda gravidanza (19 dic. ’95) partecipava al marito: "De le due petre de l’Aquila che ho, una ne porto de continuo adosso, l’altra mando a la Ex. V. secundo che me la recercha". La credenza superstiziosa nei vantaggi, per le partorienti, della cosidetta pietra aquilina o etite vive ancor oggi tra i nostri volghi. Quel curioso amuleto suole essere una pietra vuota di dentro, che ne contiene un’altra. Cfr. C. PIGORINI-BERI, Costumi e superstizioni dell'Appennino Marchigiano, Città di Castello, 1889, p. 268-70. Tale credenza trovasi pure oggi nel Veneto ed in Sicilia e fu dottrina medica nei secoli scorsi, come ci scrive il dotto quanto gentile dottore G. Pitrè. Cfr. F. MARZOLO, I pregiudizi in medicina, Milano, 1879, p. 25: "L’etite, o pietra dell’aquila, ha virtù di facilitare il parto e d’impedire l’aborto, a seconda che si applica alla parte inferiore o superiore del corpo".
- ↑ Vedi Diario ferrarese, in R.I.S., XXIV, 287. Nel dicembre ’93 era andato a prenderla Guidubaldo.