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L’esercitio nostro è questo. La matina si cavalca un poco, al dopo disinare, a scartino, a resuscitar morti e imperiale fin a l’hora de dormire". (Relazioni con gli Sforza, p.84). Nel 1495 Ludovico il Moro pregava Ercole d’Este d’inviargli a volta di corriere 12 paia di scartini e due anni dopo si doleva col cardinale Ippolito, che don Alfonso non "li havesse mandato certe carte da scartino ch’el ge haveva promesso". (VENTURI, in Arch. stor. lombardo, XII, 254). A Ferrara infatti ed a Mantova, l’industria delle carte da giuoco dipinte a mano era assai progredita nel secolo XV, e verso la fine di quel secolo e nel successivo a Ferrara facevansi anche molte carte impresse. Cfr. CAMPORI, Le carte da giuoco dipinte per gli Estensi, pp. 11-12. Che lo scartino si giocasse con le carticelle e non coi naibi o trionfi (CAMPORI, op. cit., p.13 e RENIER, Tarocchi di M.M.Boiardo, Modena, 1889, pp.7-8 e 9, n. 1) ci sembra quasi indubitabile. Isabella, del resto, si dilettava anche di giuochi meno innocenti dello scartino, come il flusso. Battista Guarino in certa sua lettera del 2 febbraio 1493 le dice: "Ma la V.S. farà pensiero di avere perso qualche posta a fluxo, over a scartino" (LUZIO, Precettori d’Isabella, Ancona, 1887, p.22). Il 16 novembre 1502, Tolomeo Spagnoli scrive al Marchese: "La ill.ma Ma ha convertito il tempo che la giocava a fluxo in vedere giocare a scacchi, ma lei non giocha mai, il che procede perchè la ne scià molto pocho". In seguito divenne valente anche in quel difficile giuoco, e meritò che il Vida le dedicasse il suo noto poema. Il flusso era giuoco assai rischioso; Stazio Gadio il 31 ottobre 1515 comunicava alla Marchesa che a Milano Lorenzo de’ Medici (poscia duca d’Urbino) giuocando a flusso col re di Francia e con altri "in pochi giorni tirò circha 600 scudi". Il flusso è frequentissime volte nominato nei documenti e nelle opere a stampa del Rinascimento (Vedi Crusca sotto flusso e frussi). Giuoco maladetto lo chiamano i Canti carnascialeschi. Il confonderlo con la primiera, che la Marchesa preferiva nell’età avanzata (ne abbiamo documenti del 1527 e 1538), non è giusto, quantunque vi fosse realmente una figura della primiera chiamata flusso. Vedi su ciò specialmente il Commento al Capitolo sul giuoco della primiera del Berni, in BERNI, Rime, poesie latine lettere, ediz. Virgili, Firenze, 1885, pp. 365 e 393. Ma in quello stesso tanto fortunato Commento il flusso è nominato, col trentuno, come giuoco da donne, diverso dalla primiera (p. 377), sicchè crediamo poterne concludere che oltre alla menzionata figura della primiera, il nome flusso significasse un altro giuoco, affatto distinto. Come appunto distinti indica i due giuochi l’ARETINO nel Ragionamento del gioco (Terza parte dei Ragionamenti, Venezia, 1589, c.91r, 148v e 149r, 161r); come distinti li nomina il RABELAIS, in Gargantua, L.I, cap.22 (flux e prime) ed anche il GARZONI, Piazza universale, Venezia, 1617, c. 244r. A Isabella piaceva anche di giuocare a nichino. Giangiacomo Calandra informava Federico il 16 nov. 1516: "Gli exercitii de S. Ex. (vostra madre) sono le littere a le hore consuete, le solite orationi ed hore, et qualche volta spassa il tempo con gioco con questi S. et gentilhomini, et alle volte a nichino per spasso con questi gentilhomini, ecc". Di questo giuoco non ci riuscì di trovare indizio altrove. Sarebbe forse il giuoco à la nicuqe nocque, che compare nel luogo menzionato del Gargantua? In questo caso sarebbe giuoco di tavoliere.</ref>. Alla sua volta Elisabetta, angustiata per l’intemperie nella quale la Marchesa era incorsa, le scriveva con molto affetto il giorno medesimo (4 maggio) "affinchè - diceva - almeno, essendo priva de la dolce sua conversatione, lo