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la adviso come, gratia de Dio, io son tornata da li bagni cum bono miglioramento, quantunque me sia remasta alquanto de debilità; la quale me sforzarò cum omne possibile diligentia mandare via per potermene venire in brevi giorni a stare in consolatione cum la Ex.V. et de lo illmo suo consorte et mio fratello, come è mio grandissimo desiderio".1. Erano peraltro sempre promesse illusorie, perchè sorgevano di continuo nuovi impedimenti. Prima la malattia del marito2, poi le brighe col papa3, ed altro ed altro; quantunque la Duchessa dicesse al fratello (e della sua sincerità non vi è a dubitare) "numerarò non solamente i dì, ma l’ore, che ho a stare a vedere la S.V.", e similmente alla Marchesa: "se lei numera li giorni, io numero le ore".4. Chiedendo dilazioni, come la vedemmo fare altra volta, la Duchessa era giunta a trattenere il castellano sino a settembre, finchè la notizia, forse sparsa ad arte, ch’egli era stato "casso dell’ufficio", non lo fece tornare a Mantova.5. Ma in dicembre la buona signora lo richiedeva di nuovo6; quantunque non le mancassero visite, anche gradite, di personaggi venuti da Mantova, quali il poeta<ref>FERRATO, p. 75. Il poeta tornava allora (sett. ’92) da Urbino a Mantova. Chi era codesto misterioso personaggio più d’una volta menzionato nei documenti mantovani? Che dovesse essere un musicista

  1. FERRATO, p. 72. Nello stesso senso e quasi con identiche parole al fratello nella lettera successiva là pubblicata. Come appare da quanto scrive la Marchesa (Copialett., L II, 26 maggio), Elisabetta aveva promesso di venire a Mantova "al tempo de’ fasanazi", vale a dire in autunno, o ad estate inoltrata.
  2. Lett. 5 agosto ’92. FERRATO, pp. 73 e 74.
  3. Lett. del sett. ’92. FERRATO, pp. 75 e 76.
  4. FERRATO, pp. 76 e 80.
  5. Vedi FERRATO, pp. 72, 73, 76.
  6. FERRATO, p. 78.