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mantovani; bensì è dimostrato da essi che quell’impotenza non portava punto la repulsione per la donna. Abbiamo anzi uno strano documento del 22 aprile 1507 (anteriore d’un anno alla morte immatura del Duca), ove il suo erotismo ci appare più che ordinario. Si tratta di una lettera da Urbino di Alessandro Picenardi, detto del Cardinale, alla Marchesa di Mantova, in cui è scritto: "Io feci il debito mio con amorevoli salutationi a la Exma Duchessa da parte di la Ex.V. quando lei fu ritornata da S. Maria di Loreto; la quale ritornò tutta sancta et con intencione de non impazarsi più con il suo consorte nè che più il la tocchi pechato (sic). Et veramente, patrona mia, quasi ch’io dubito che lui el farà per esserli tanto uso, perchè io so che non hanno mai dormito insieme dapoi che se partissimo da Venetia et questo è stato per le grande faccende occorse per il tempo passato. Il S.Duca sta al presente assai bene, ma non corre nè giocha alla balla. La Duchessa lo va a visitare ogni dì et sto in grande paura che il Duca non se li metto dreto et che lei non sia causa di farlo riacadere. Sì che io li dico spesso: guardatevi patrona quel che fati et a questo modo non usite mai di travaglio ..." Ci si assicura per esperienza medica che anche queste disposizioni amatorie così pronunciate si possano combinare, sebbene il caso non sia frequente, con l’inabilità alla generazione.

Asseriscono gli storici, che a distrarre la giovane e sfortunata sposa, Guidubaldo ordinasse caccie, feste e spettacoli nel che lo secondavano i popoli a lui soggetti1. Può darsi che codesti scrittori abbiano voluto vedere troppo addentro nelle intenzioni del Duca, giacchè quelle feste

  1. BALDI, Guidobaldo, II, 104-6 e UGOLINI, II, 64.