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frutti loro, tanto ben lavorati che se li havessi veduti nel campo li haria creduti veri. Dreto questo vennero le confetterie de diversi confetti da manzare, in gran numero. Poi per l’ultima cosa fu portata una nave de ligno grande con trezia dentro, ne la quale erono tri homini che mostravino navigare e con le sesole1 butavino per la sala el confetto per forma che de niuna sorte, da quelli pezi laborati in fuora, non fu reportato niente et quelli furono poi mandati a donare a le camere de signori et gentilhomini. Concludesse da ognuno che a racordo d’homo non fu fatto così bello pasto et colectione como sono stati questi; ultra che a le camere cadauno fo trattato habundantissime de carne et zucharo da manzare, del quale fin qui, secondo dice Philippo Andreasio, si è consumato 20 milia libre, che lui ha levato la summa et tuttavia se ne spende.
Zòbia se ballò et uno che bramava d’essere cavalere de la gatta ebe lo gratia, perchè, se conzignò una gatta ligata a traverso a un asse suso un tribunaletto fatto a posta: et con la testa rasa l’amazò non sanza suo danno, perchè fu molto ben da li denti et zanche suoie martirizato2. Per questa cavalaria fu vestito de novo dal .
- ↑ Voce dialettale ancora viva, che vale palette.
- ↑ In altra lettera del 17 febbraio il Capilupo riparla di questo "matto", che dalla gatta "fu molto ben scrafignato et tutta la testa che l’haveva rasa sanguinava". Curiosissima davvero, nella sua barbarie, questa cerimonia dei cavalieri della gatta, che è certo da raccostare all’uso guerresco della gatta infilzata sugli spalti d’una città assediata, con grida di provocazione e di scherno agli assalitori. Cfr. LUZIO, Fabrizio Maramaldo, Ancona, 1883, pp. 97 segg., nonchè ROSSI e CRESCINI, nel Giornale storico, V, 504, e XVI, 434, ove si troveranno indicati altri scritti in proposito.
lo mandasse già alla contessa d’Acerra. In quella lettera è attestata la fama che il Santi aveva come ritrattista dal naturale, e infatti si è ripetutamente asserito che egli ritraesse Guidubaldo giovinetto (PASSAVANT, I, 36; SCHMARSOW, op. e loc. cit., II, 344-45). Sia richiamata su tutto ciò l’attenzione degli studiosi di storia dell’arte, i quali non mancarono di dare la debita importanza alle due lettere di Elisabetta Gonzaga del 19 agosto e del 13 ottobre 1494. Cfr. MÜNTZ, Raphael, Paris, 1881, pp. 12-13; MINGHETTI, Raffaello, Bologna, 1885, pp. 7-8, e anche nota al VASARI, IV, 406.