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dee celeste finti dai poeti, vestiti secondo la alegoria sua con le insigne in mane. Furno molti che recitorno versi in diverse fictione, fra quali fu Junone et Diana che contesino un pezo con rime elegantissime qual fusse miglior vita o la matrimoniale o la virginale, et da l’una et l’altra fu alegato eficacissime rasone nanti Jove, el quale poi dette la sententia in favore de Junone, reducendola in honore de questi illmi Sri sposi et la aprobò con molte rasone, tra la quale questa fu per l’ultima che se ognuno servasse verginità mancharia la generatione humana et saria contra la institutione divina: crescite et multipicamini, ecc. et per consequens mancharia la virginità, et allegando molti pericoli de la fragilità nostra concluse più secura et laudabile essere la vita matrimoniale1. Durò questa representatione dalle XXI hore fino alle II de notte per molte altre che in questa sola furono inserte per non perdere tanto tempo, le quale non potria per ordine exprimere che non me bastaria uno quinterno de carta: ma ho datto con Zohanne de Santo, che è stato l’autore, per havere il tutto in uno compendio che portarò poi alla S.V.2

  1. Completamente ignota è questa rappresentazione urbinate, per quanto noi sappiamo. Si avverta che il soggetto, ma non la trattazione, è identico a quello che fu rappresentato in Bologna per le nozze di Annibale Bentivoglio con Lucrezia d’Este. Vedine la relazione data dall’Arienti, che di recente fu messa in luce da G. ZANNONI, Una rappresentazione allegorica a Bologna nel 1487, Roma, 1891; estr. dai Rendiconti dei Lincei.
  2. Questa notizia accresce di gran lunga in noi l’interesse della rappresentazione. Si tratta di un’opera letteraria del padre di Raffaello, di cui sinora era noto solo il poema in terzine, dedicato a Guidubaldo, che si conserva nel Cod. Vaticano-Ottoboniano 1305 e che fu studiato e poi riprodotto a frammenti dal Pungileoni, dal Passavant, dal Dennistoun e dallo Schmarsow. E’ una disadorna e prolissa, ma importante, cronaca in rima, in cui si narrano i fatti del tempo di Federico. Il PASSAVANT (Raffaello, I, 37) suppone che appunto nell’occasione delle nozze di Guidubaldo il Santi ideasse il poema; ma è supposizione gratuita. Egli aggiunge che il Santi lavorò agli archi ed agli apparati eretti pel solenne ingresso di Elisabetta, e la notizia passò naturalmente nel Commentario alla vita di Raffaello, che il Malfatti compilò sul Passavant (Cfr. VASARI,