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china. E la voce, ritmata così, prendea forma di parola; e nella parola ecco lampeggiar come fulminea scintilla in grembo alla nube tonante, l’idea rivelatrice, l’idea fatidica; ecco traboccar nella strofe, com’onda infocata, il fiotto della passione, scaturiente su dagli abissi dell’universo concentrato in un cuore.

Chi indagherà un fenomeno tale con la semplice scorta della critica letteraria? Io ascolterei più volentieri l’antropologo e l’alienista, che mi parla di stupefacenti fenomeni nervosi e psichici; ascolterei perfino colui che mi parla di misteriose ipnotiche suggestioni. Ma il Prati non era nè un debole di nervi, nè un infermo di cervello; era una tarchiata complessione di alpigiano giudicariese; e se qualche pazzia ha fatta, la fece altrove che ne’ versi. Signori, ringraziamo i nostri monti, che alle sante muse non danno nè de’ nevrastenici, nè degli epilettici, nè de’ paranoici.

Ma non furon solo le grammatiche e i vocabolarj a scagliarsi contro il poeta. Le critiche stolte e maligne di chi avrebbe potuto capirlo, e le critiche ragionevoli di chi nol potea capire, furono il rovello della sua vita; e, tossico peggiore, l’indifferenza, i calunniosi sospetti, l’aperto disprezzo e anche le derisioni della colta gioventù, ch’egli, nel suo dechino, non poteva ormai più nè interessare nè divertire. Tutto ciò gli venne amareggiando nell’età sconfortata l’animo orgogliosissimo e assetato di plausi e di fama, l’animo sempre giovanilmente entusiasta del poeta romantico, al quale sempre furono raffinamenti di spirito ignoti lo scetticismo e l’apatia e lo stupido riso di chi sa tutto schernire.

Pure, anche questo rovescio d’amaro non fu per lui, generoso, la trista onda che soffoca e smorza; fu tanta pece