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genuità dell’eterno fanciullo, che sola fa mirabile l’universo; e possedettero tenerissimo quel senso di pietà e d’amore, che tutto l’universo abbracciando, converte l’io del poeta nel tempio dell’umanità: ora tempio votivo di lacrime e d’inni e di consolati dolori, ora paradiso di sogni natanti per oceani di delizie alle rive della bellezza e della gioia. Or bene, tutto questo mondo, tutta questa vita interiore, grandeggia luminosissima sempre nella credente, amante, ingenua e schietta anima del Prati. Ed è ben questo il principio creativo sovrano, da cui nascerà la sua poesia originale più bella. Nascerà il canto patriottico, perchè l’ideale della patria è nell’essenza sua più pura un ideale evangelico: carità verso il passato, sacrifizio del presente, fede nell’avvenire. E nascerà l’idillio vero, la poesia della famiglia, la più intimamente sentita, la più altamente umana, casta e serena, tenera e veneranda: quella che meglio d’ogni altra fa manifesta tutta la delicatezza e tutta la sensibilità, onde par che mille cuori battano nel cuore del vate. E voi, quanti nasceste capaci di sentire questa poesia abbellitrice dei domestici affetti, dite, dite se un tripudio pensoso di madre che stringesi al petto il suo figliolino, potrebbe trovare un accento più carezzevole e più soave, più materno di questo, che udiamo commossi ricercarci l’anima dal commosso labbro del poeta. Egli canta il fanciullo:

     Primavera dell’uom, quanto sei breve!
Perciò natura, con pietoso affetto,
Fece uscir di sue mani il fanciulletto,
Così ridente, spensierato e lieve.

     Son rose i lini del suo picciol letto,
Rose i baci che dona, e che riceve;
È rugiada del ciel l’acqua ch’ei beve,
Divina è l’aura che gli scorre in petto.