Pagina:Luisa Anzoletti - Giovanni Prati, discorso tenuto nel Teatro Sociale la sera dell'11 novembre 1900 per invito della Società d'abbellimento di Trento, Milano 1901.djvu/18


— 15 —


l’infinito con nervi d’acrofobo, che pochi palmi sopra il suolo vien preso dalle vertigini! Finchè duri al mondo la storia dell’arte, varrà ai poeti l’avviso del maggior lirico di Roma latina agli emulatori di Pindaro. Or bene, il Prati ebbe questo dono miracoloso delle ali canore aperte e ferme, che volan per l’aer, ma non già dal voler portate; poichè la volontà e la ragione sembrano quanto mai si possa immaginare estranee all’ineffabile impulso di quel canto, ch’egli possiede come l’augello possiede il suo, ch’egli espande come espande la rosa le sue fragranze, ch’egli non medita, non elabora, non perfeziona applicando ad esso i canoni dell’arte; ma lascia traboccar dal suo labbro in tutta la sovrabbondanza della vena, quale natura gliel’ha data, limpida e freschissima, brillante e sonora come le cascate che balzan giù deliziose pe’ verdi fianchi di quei suoi monti, ch’egli ha sempre negli occhi e nell’anima. La sua lingua è bene spesso quella che Orazio chiamò lingua magniloquente; il suo estro ha in verità qualcosa del divino, che si adora e non si spiega. Ho chiamato il dono del suo canto miracoloso. Non è una iperbole. Ma gli è che realmente, quand’io mi ripeto alcuna delle più belle liriche del Prati, non so levarmi di mente l’idea d’una qualche potenza sovrumana, la quale invada con l’impetuosità d’una corrente d’elettro il sensorio del poeta, sicchè egli è fatto quasi uno strumento inconscio, donde vibrano sotto una percussione arcana tutte le corde della umana psiche.

Sì, è un dono miracoloso il suo canto. Ed ora mi sovviene come anche il Carducci abbia chiamato un “miracolo di poesia” quella bellissima lirica intitolata Incantesimo, che è tra le gemme dell’Iside. Miracolo di poesia