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52 Luigi di San Giusto



perciò che a così subita sparita
io potrei della vita restar fuore,
sol per servire a voi da me gradita.


È inutile; il suo amaro destino non muta per i suoi pianti; l’ora si appressa, ed ella invoca disperata la morte. Le sarà meno acerbo il distacco; ella paventa più d’ogni cosa al mondo quel terribile momento.

Come potrà ella sopportare la partenza di lui, che è tutta l’anima sua? Quale ragione avrà ella di vivere, quando l’amor suo sarà lontano?

Chi mi darà soccorso all’ora estrema
che verrà morte a trarmi fuor di vita
tosto dopo l’acerba dipartita,
onde sin d’ora il cor paventa e trema?

Madre e sorella no, perchè la tèma
questa e quella a dolersi meco invita;
e poi per prova omai la loro aita
non giova a questa doglia alta e suprema.

Dunque non affetto di sorella o di madre potevano consolare l’afflitta donna! Certo dovevano essere poveri affetti. La figura di quella madre ci appare sempre più incolore, fredda; una donna che non seppe salvare sua figlia dal male, e non sapeva neppur sollevare ora l’anima sua dalla disperazione.

Poichè dunque la misera è senza conforto, che farà ella nella imminente sciagura?