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Gaspara Stampa. 39

potrebbe essere più calzante! La presenza di lui ravviva tutte le sue forze; ella si sente rifiorire, rincolorire, come l’erba di maggio, quando il sole la bèa.

Quando io veggo apparire il mio bel raggio,
parmi vedere il sol quand’esce fuora;
quando fa meco poi dolce dimora,
assembra il sol che faccia suo viaggio.

E tanta nel cor gioia e vigore aggio,
tanta ne mostro nel sembiante allora,
quanta l’erba, che il sol pinge e colora
a mezzo giorno, nel più vago maggio.

Quando poi parte il mio sol finalmente,
parmi l’altro veder, che scolorita
lasci la terra andando in occidente.

Ma l’altro torna, e rende luce e vita;
e del mio chiaro e lucido oriente
è il tornar dubbio, e certa la partita.

Certo non è nuovo il vezzo degli amanti di paragonare il loro bene al sole, e larghissimamente ne abusarono i cinquecentisti. L’imagine poetica di Gaspara ci richiama analogicamente alla memoria anche quella moderna del Carducci:

Quando parto da voi, dolce signora,
grigia la terra e scuro il ciel m’appare.

È dunque imagine spontanea, naturale, anche se vecchia; ma Anassilla vi aggiunge una nota personale, profonda, con quella chiusa ansiosa: