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Gaspara Stampa 25

acconciavano, incensando le Dèe che venivano collocando man mano sugli altari.

Ma grande scarsità di sentimento, tanto nell’amore quanto nella pietà religiosa. Rare volte un verso si scosta dalla fredda forma accademica, anche quando l’affetto che esprime è sinceramente sentito. I sonetti di Vittoria Colonna, la più gloriosa delle poetesse del Cinquecento, sono spesso perfetti come stile, impeccabili per levigatezza e trasparenza; eppure quasi sempre ci lasciano indifferenti. Vi è appena qua e là qualche timido grido del cuore, sciolto dalle pastoie convenzionali. Per esempio, nell’Epistola che Vittoria manda al marito dopo la rotta di Ravenna, congratulandosi di avere salvi il padre e lo sposo, e dolendosi di essere lontana da questi, vi sono versi meno perfetti, ma più belli, perchè rispecchiano uno stato d’animo appassionato, umile e dolente. La gloria del marito non la consola dell’assenza.

Tu vivi lieto e non hai doglia alcuna,
chè pensando di fama il novo acquisto
non curi farmi del tuo amor digiuna.

Ma io con volto disdegnoso e tristo
serbo il tuo letto abbandonato e solo,
tenendo con la speme il dolor misto,

e col vostro gioir tempro il mio duolo.

E come questo astro maggiore della lirica femminile cinquecentistica, così sono le piccole