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Gaspara Stampa. 15

nalità, il nome di Tullia dovette parere come purificato, e forse a tal fine i migliori amici ne suggerirono a lei la pubblicazione».

Sta bene, per i suoi migliori amici; ma gli altri che pensavano di queste dichiarazioni platoniche, uscenti da tale bocca? Pure v’è di meglio.

Nel suo rifacimento in ottave del popolare romanzo Guerino detto il Meschino, Tullia deplora che la letteratura indecente corrompa gli animi; e biasima l’opera del Boccaccio, dell’Aretino e persino dell’Ariosto!

Che strane contraddizioni nella psiche di una cortigiana!

È pur vero che doveva esserci in lei un senso di vergogna per la vita, nella quale la sua stessa madre l’aveva infamemente iniziata. Nel 1543 Tullia prese marito; sposò un giovane di famiglia eccellente, che da un pezzo l’amava, e aveva persino voluto morire per lei. E forse ella tentò di essere moglie virtuosa, e di riabilitare il passato. Ma questo le restava pur attaccato addosso come la camicia di Nesso! A Firenze, nel 1547, il magistrato le intimò di uniformarsi ai decreti che stabilivano una divisa particolare per le cortigiane, e specialmente di portare in capo o sul petto la lista gialla, che le distingueva dalle oneste, e le segnava pubblicamente con marchio d’infamia!

Tullia ricorse alla duchessa Eleonora, moglie di Cosimo, pregando le fosse risparmiata quella