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86 | l’argentina e gli italiani |
turandosi la sua funzione, deve necessariamente modificarsi la sua essenza. Le polizie argentine non hanno tanto lo scopo di difendere la società, quanto quello di difendere i partiti al potere. Formano dei piccoli eserciti pretoriani sempre pronti all’arbitrio ed alla violenza partigiana, a portare nella lotta politica l’influenza decisiva della forza brutale contro il diritto. E allora come potrebbero essere strumenti di giustizia e di legalità se la loro funzione si esplica così spesso proprio nel campo dell’ingiustizia e dell’illegalità?
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È naturale che a comporre queste polizie vengano chiamati uomini risoluti e spregiudicati, ossia senza molti di quegli scrupoli che renderebbero impossibile l’adempimento del triste còmpito che la politica impone loro. Ed ora ditemi quale uso non faranno della forza di cui dispongono, della potenza straordinaria che loro conferisce il nome della legge, questi uomini scelti per evidente necessità negli strati inferiori della società, e anche delle razze umane, spesso familiari alla colpa, privi della coltura e dell’educazione, che, anche nelle anime cattive, insinuano il pudore del male? Supponete di questi uomini posti nelle colonie, lontani da qualsiasi controllo, aventi l’impunità quasi assicurata dalle distanze e dalle necessità politiche, se non dai difetti e le lungaggini delle procedure giudiziarie, e immaginate che cosa avviene. C’è poi l’aggravante d’una pessima retribuzione.
Vi sono dei commissarî che non prendono più di sessanta, settanta, ottanta pesos al mese, con i quali debbono provvedere alla paga dei soldati di polizia — due o tre — da essi personalmente arruolati, alle spese d’inchieste — che dovrebbero essere rimborsate,