Pagina:Luigi Barzini - L'Argentina vista come è.djvu/39


gli allucinati 29


gito d’un mare, viene ad infrangersi contro queste solitudini tetre. È l’ora in cui Buenos Aires comincia a divertirsi. L’orizzonte è tutto rischiarato dal crepuscolo livido della luce elettrica.

Alcuni emigranti hanno qui dei parenti o degli amici: possono trovare consiglio e appoggio; il loro collocamento è meno difficile e meno cattivo. Altri — meridionali in gran parte — vengono in questa stagione per lavorare ai raccolti, e a febbraio tornano in Italia. Molti di essi hanno l’abitudine a tale emigrazione periodica, come le rondini; conoscono il paese, guidano gl’inesperti, si lasciano condurre a spese del Governo argentino senza spendere un centavo, e raggranellano qualche cosa. Gli altri, la grande massa, sono venuti qua alla cieca, con le loro famiglie, senza sapere nulla. Sono gli allucinati. La sorte che li aspetta in questo momento, in cui antichi emigranti lasciano certe regioni divenute ingrate al lavoro, può essere terribile. Un ministro argentino diceva giorni sono: «L’emigrazione è necessaria, ma, dato il momento, sono preferibili diecimila emigrati di meno che diecimila disoccupati di più!»

Dissipata un po’ la diffidenza, abituale nel contadino, ho domandato a molti emigranti: — Perchè siete venuti in America?

I più rispondono: — Per tentare la sorte! — oppure: — Tanti vi hanno fatto fortuna, proviamo anche noi! Per essi l’America è una lotteria; giuocano, e mettono la vita per posta. L’idea di venire qua li prende come un’ossessione, s’impadronisce di loro per contagio. Molti vengono perchè hanno conosciuto della gente venuta prima di loro, semplicemente. Un campagnuolo veneto che emigrava, faceva gli addii; un amico