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qua e là per buenos aires 21


I venditori ambulanti che trascinano la loro triste vita sui marciapiedi sono tutti italiani. Questo si dice ufficialmente avere in mano il piccolo commercio. Sono italiani i terrazzieri che scavano le fogne, i lastricatori delle vie, i muratori arrampicati sui ponti, tutti coloro che compiono i lavori più rudi, gli operai in genere. Basta correre là donde viene il batter d’un martello, dove stridono delle macchine, dove romba un lavoro qualunque esso sia, dove si fatica, per trovare gl’italiani. Non v’è pietra, si può dire, che non sia stata messa a posto da mani italiane; dalle mani italiane è uscita la Buenos Aires d’oggi con i suoi casamenti tedeschi e francesi e le sue ville inglesi.

No, non è difficile trovarli i nostri connazionali! Fra i palazzi sontuosi, anche nelle più belle calles e avenidas — con quella promiscuità che caratterizza questo caos che è Buenos Aires — vi sono delle porticine ai cui stipiti la miseria ha lasciato la sua sudicia traccia. Sono gl’ingressi ai conventillos, le case immonde dove vivono ammassati i poveri. Anche lì si parla italiano!

Fortunatamente vi sono palazzi e ville abitati da molti connazionali nostri, e ciò conforta. Ma lì, lettori miei, normalmente non si parla più italiano: la nostra lingua vi è bandita.

Lì generalmente «se habla la lengua del pais!...»