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20 | l’argentina e gli italiani |
sa perchè, forse per quella strana manìa collezionista
che accompagna talvolta la miseria. In alcuni cortiletti
al piede di alberi rachitici bruciati dal sole, vegetano
pomodori ed erbaccie fra i quali razzolano i polli. In
certi punti il terreno è paludoso; le vie sboccano in
veri pantani. Qui le case sono costruite sopra palizzate,
come quelle dei villaggi lacustri; l’acqua marcisce
intorno alle abitazioni, tutta coperta da muffe verdi.
In alcune strade meno frequentate pascolano liberamente
dei buoi, che gettano al vento il loro muggito
lamentoso. Per ogni dove piccoli negozî oscuri di almacen
dove si vende di tutto; povere mostre polverose
coperte di mosche; osterie dalle quali esce il
tanfo caldo del vino come dalla bocca d’un ubbriaco;
loschi caffè dove non si prende il caffè...
La Boca migliora in prossimità del fiume; vi si vedono dei grandi depositi di legname e di ferro, delle agenzie, degli ufficî. I caseggiati si serrano uno contro l’altro in disordine, come se si affollassero verso lo scalo per osservare curiosamente le golette, i brigantini, i trealberi, i velieri d’ogni forma che ancora preferiscono dar fondo al Riachuelo per antica consuetudine.
La Boca del Riachuelo è genovese. Qui l’aspro dialetto ligure è la lingua comune. I genovesi sono pressochè i soli italiani che vivano riuniti in Buenos Aires, che abbiano formato una comunità separata, e che s’impongano talvolta anche alle autorità ora per avere una «Calle Ministro Brin», ora per reclamare il diritto ad un corpo di pompieri speciale, italiano. Sono marinai e figli di marinai, gente che vive sempre del mare; scaricatori, piloti, battellieri, qualche armatore di velieri: alcuni passati poi al commercio e divenuti grossisti, almacenieri; e osti e mestieranti. Solo gli arricchiti lasciano la Boca.
Tutti gli altri italiani — ve ne sono più di duecentomila in Buenos Aires — vivono dispersi per l’immensa città. Oh! ma non è difficile trovarli!