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concludendo sull’argentina | 219 |
miserie della loro partenza; e non spingendo lo sguardo più lontano del mare abbiamo rese migliori le condizioni del loro viaggio, senza por mente che il viaggio è niente, è il brevissimo esordio delle loro sofferenze, è la soglia della loro nuova vita, una soglia che può essere indifferentemente rude o levigata.
Di quei paesi e della vita che vi si svolge noi abbiamo avute relazioni interessate — sulle quali è degno sorvolare — le quali non ci hanno mostrato che i lati belli e seducenti. Abbiamo visto le ricchezze e abbiamo visto i progressi, e ce ne siamo accontentati, senza domandare quanto queste bellezze costavano del nostro sangue. Non abbiamo domandato le tavole della mortalità, non abbiamo visto i caduti dell'immenso esercito nostro, che ha traversato a squadre l'Atlantico per combattere silenzioso, sotto altra bandiera, la più disperata battaglia.
Nulla abbiamo saputo, nella nostra maggioranza, dei tranelli, dei soprusi, delle violenze e delle ingiustizie che tanto spesso attendono i nostri lavoratori — come potevamo porgere aiuto, tutela e difesa? Le cose americane ci sono sembrate tanto lontane, che non ci hanno interessato che vagamente, come curiosità. Così abbiamo lasciato che quei mali crescessero, ingigantissero, divenissero endemici, pressochè incurabili.
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Non possiamo pensare seriamente a rimediare al passato; siamo costretti ad assistere allo spettacolo di tanti dolori e tanta miseria impotenti a portarvi sollievo. Molta parte di tante sciagure è dovuta a cause sulle quali noi non possiamo nulla. Il Governo argentino ha il diritto pieno di essere cattivo o pessimo, di fare