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218 l’argentina e gli italiani


centinaia di giornali locali scrivono ampiamente e uomini politici discutono; si tratta di fatti tangibili, controllati da tutto un popolo, i quali possono essere giudicati in un modo o in un altro, a seconda la coscienza o l'abitudine, ma che sono fatti; si tratta di tutta la vita speciale d'un paese, per un buon terzo di sangue italiano, e nella quale nulla v'è di misterioso e di celato. E noi, noi italiani che più di ogni altro popolo avevamo il diritto ed il dovere di sapere tutto, noi, nella maggioranza, ne sapevamo poco o nulla.



Questo fatto ci condanna. Noi possiamo gridare contro le ingiustizie e contro gli inganni che così spesso attendono i nostri poveri emigranti, ma non potremo con questo toglierci di dosso la parte di responsabilità che noi abbiamo di quei mali. La nostra colpa si chiama indifferenza.

Da trent'anni la nostra emigrazione si dirige nelle regioni del Sud-America, attiratavi in tutti i modi, e noi non abbiamo quasi sentito il bisogno di sapere esattamente che cosa avvenisse di questo torrente di popolo che abbandonava la patria. Qualche voce onesta si è levata di tanto in tanto a denunziare delle infamie di cui sono vittime i nostri emigranti, ma s'è spenta senza lasciare una eco lunga e profonda nella coscienza pubblica. Si è trovato che l'emigrazione era una necessità, un bisogno, come una valvola di sicurezza che ci salvava dai pericoli della sovrapopolazione, e questa constatazione ha servito troppo di scusa alla nostra indifferenza. E quando, dopo tanti anni, abbiamo pensato ai nostri emigranti, non abbiamo visto che le