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ora, i creditori sono inesorabili. L’agricoltore paga mille per uno. I suoi attrezzi, i suoi bestiami, il suo grano sono sequestrati, la sua casa saccheggiata. Queste operazioni si compiono alla prima alba, come i delitti, perchè nessuna opposizione sia possibile. La legge non lo consente, ma lo consentono dei giudici, e basta.

Il mediero ritorna più miserabile di quel che non fosse prima, poichè spesse volte alla sua miseria materiale si aggiunge una ben più grave miseria morale. Il suo lavoro non è stato continuo; egli non si è occupato delle coltivazioni di frutta, di erbaggi, di ortaggi, i cui prodotti non poteva smerciare facilmente data la distanza dei mercati, e che richiedevano lunghe cure prima della produzione, lenta ed aleatoria. Nessun affetto alla terra lo portava ad arricchirla di vigne e di frutteti, che richiedono un capitale non piccolo, e che avrebbe potuto abbandonare forse da un momento all’altro prima di ricavarne i frutti. Egli non voleva che il guadagno immediato, il più gran guadagno. Grano, mais, lino, ecco le tre uniche coltivazioni, le più semplici. Tra il faticoso lavoro dell’aratura e quello tremendo del raccolto passavano lunghi mesi di ozio assoluto, d’inazione bruta. Il paziente lavoro di tutti i giorni non ha più tenuto occupato il suo spirito; dalla fatica bestiale passava alla disoccupazione ancora più bestiale. L’aspettativa fatalistica del raccolto lo ha reso apatico; è divenuto mezzo gaucho nell’anima, stemprato e stanco; senza il sollievo ed il conforto di una vita civile ha perduto la grande forza della volontà, si arrende alla sciagura, cede, è vinto.

Questa è la sorte disgraziatamente comune a tanti nostri emigranti, ma non a tutti, per fortuna. Vi sono alcuni proprietarî (molto pochi in verità) che fanno ai loro medieri patti più umani, che forniscono loro una parte degli attrezzi, un carro, i cavalli, oppure che stabiliscono il rimborso onestamente. Vi sono agricoltori che riescono a mantenersi con le loro forze, che vi-