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162 l’argentina e gli italiani


velo soave di una educazione inappuntabile. Per di più, se gli argentini colti, quelli che formano la minoranza dirigente, sentono nella prosperità in cui vivono i vantaggi incalcolabili della nostra emigrazione, e la desiderano e la provocano, la massa povera criolla, quella che vive disseminata nella campagna, ne sente invece i danni. Una volta era padrona della Pampa, che la nutriva senza la dolorosa necessità del lavoro. Ora, dove è l'italiano enlazare un bue diventa un furto; il colono difende i frutti del suo lavoro, e il gaucho è costretto per vivere a lavorare nell'estancias qualche mese dell'anno; ciò offende la sua dignità. Egli ha rancore contro il gringo, e di quando in quando all'occasione si vendica a colpi di rivoltella, troppo spesso impunito.

La situazione dei lavoratori italiani, specialmente nei campi, è in certo modo simile a quella degli ebrei in alcune nazioni d'Europa, i quali fanno liberamente i loro affari, ma un'ostilità blanda e latente li circonda. Alla prima occasione si sentono gridare in faccia la parola «ebreo» come un'ingiuria. Laggiù si grida: gringo.

L'italiano si chiama gringo, un vocabolo dispregiativo, che non ha la traduzione. Non se ne sa nemmeno l'origine; alcuni credono che venga da griego-greco. Parrebbe che una volta, in uno dei primi anni del secolo passato, sbarcasse al Plata una comitiva di cavalieri d'industria greci, che rubarono mezzo mondo e poi presero il largo. Da allora si sarebbero chiamati griegos gli stranieri, quasi come per dirsi: — In guardia amico! — Da griego gringo; e questo appellativo è restato quasi esclusivamente sulle spalle degli Italiani. Non sono molti anni che rappresentava un'ingiuria mortale, ma poi i gringos sono diventati tanti che la parola ha perduto molto dell'acerbo significato, restando una semplice espressione disprezzante, come potrebbe essere da noi il vocabolo «stra-