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errori e difetti dell’emigrazione italiana | 161 |
Un altro aneddoto ancora più caratteristico. Il figlio d'un ministro argentino si trovava a Napoli con un amico italiano, ora stimatissimo professore di latino a Buenos Aires, e passeggiando per la città, meravigliato del concorso elegante, esclamò: — Ma qua sono tutti stranieri! — L'amico rispose distrattamente che ci sono sempre molti stranieri a Napoli. Alla sera, al San Carlo, il figlio del ministro non si era ancora seduto nella sua poltrona, che girando lo sguardo sorpreso intorno alla sala ripetè:
— Però todos, todos estranjeros!
— Ah, no! — rispose l'amico comprendendo finalmente — sono napoletani, tutti napoletani, che Dio ti benedica!
La sua mente non concepiva dei napoletani in abito nero e delle napoletane in décolletée e brillanti, riuniti in una splendida sala da teatro. Per lui, come per la maggiorità de' suoi concittadini, «napolitano» era quasi sinonimo di venditore ambulante, di lustrascarpe e di spazzaturaio.
È facile immaginare quanto questa, diciamo così, poca considerazione dei nativi contribuisca a deprimere maggiormente il morale del nostro emigrante. L'Argentino, per la sua natura spagnolesca — che sotto certi aspetti può anche avere alcunchè di simpatico — è superlativamente orgoglioso, e convinto della sua indiscutibile superiorità sopra tutti gli altri umani dell'universo — ed è abituato a sentirselo dire. Anche nelle sue dimostrazioni di amicizia e di simpatia vi è sempre un'aria di degnazione, di protezione; nella sua cordialità c'è della benevolenza; si pone a vos ordenes per una forma di squisita e cavalleresca educazione, ma non riconosce nè ordenes nè deseos se la sua vanità non è solleticata; egli può concedere, mai cedere. Nelle transazioni fra uno straniero e un «figlio del paese» vi è sempre il carattere di transazioni fra inferiore e superiore, anche se avvolti nel
L’Argentina e gli Italiani. | 11 |