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152 l’argentina e gli italiani

Anche nelle imprese d'iniziativa straniera, nelle ferrovie inglesi, nelle officine elettriche tedesche, per tutto, entra sempre il lavoro italiano. La mano italiana con la sapienza e la pazienza del ragno tesse e ritesse la tela della ricchezza argentina, che i turbini politici ed economici lacerano via — e noi sappiamo come.



Ecco che cosa è il lavoro italiano! Ma noi possiamo essere orgogliosi di ben altro! Noi abbiamo portato in parte i germi della coltura intellettuale nell'Argentina; è un lavoro che non si ricorda e non si vuol ricordare. Adesso l'emigrazione intellettuale è preclusa dall'Argentina (come l'emigrazione dei malati o degli storpî o dei vecchi) per mezzo d'un feroce protezionismo che impone la così detta «rivalidazione delle lauree straniere» — della quale parleremo in seguito — che si risolve in un vero sfratto ai laureati stranieri. Ma se l'Argentina ha laureati suoi da proteggere, molto lo deve all'Italia.

Furono italiani i primi professori che incamminarono la scuola argentina sulla via delle moderne discipline, trasformando in ateneo ciò che non era al più che un seminario. Ai principî del secolo passato l'emigrazione italiana non era composta che di esuli politici, ossia — in gran parte — di uomini intelligenti. Per molti anni la parola «emigrato» da noi non significava che «perseguitato» per l'amor di patria. Ne arrivarono laggiù di questi emigrati, ad ogni rivoluzione repressa e ad ogni congiura scoperta, come ne arrivarono a Londra: ossia dove la distanza o la libertà garantivano la vita. Da dopo il '21 gli annali dell'Università di Buenos Aires e di Cordoba cominciano a registrare nomi di professori italiani. Troviamo il fisico Carta Molina, fondatore del primo gabinetto di fisica sperimentale, poi perseguitato sotto l'accusa d'essere unitario e rin-