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vita mandriana 141


uomini; in questo momento la sella scivola dolcemente sulla groppa del cavallo. L'animale si getta a terra in un parossismo di furore.

Gli uomini gli si precipitano addosso. È una lotta di pochi istanti, dopo la quale il cavallo scalpitando si leva in piedi, completamente bardato, il suo muso sporco di polvere e di sangue è ingabbiato nell'immonda testiera dal largo morso e all'addome è accinghiato strettamente il recado variopinto. Ma ha un'aria così minacciosa, con la criniera eretta, gli occhi ardenti, le narici aperte e sbuffanti, che gli uomini rinculano in giro come i capeadores intorno al toro ferito che si risolleva muggendo. Non hanno però abbandonato le redini, e cautamente, con l'aiuto di cavalli addestrati, vecchi complici che lo sospingono, è condotto all'aperto.

Allora, lentamente, con un fare noncurante e dinoccolato, il giovane indiano si appressa alla bestia. Dà una calma occhiata investigatrice alle fibbie e ai nodi della bardatura, si stringe sui fianchi l'alta cintura ornata d'argento e poi risolutamente balza in sella d'un colpo afferrandosi alla criniera.

Il cavallo resta per un momento immobile, come stordito da tanto ardire, con i garetti tesi, i muscoli contratti. Quindi si solleva sulle zampe posteriori e si rovescia a terra. Dopo un istante fra i folti nembi di polverone si vede il cavallo di nuovo in piedi scalpitante. Spicca salti terribili, furibondo, ma sulla sua groppa rimane l'uomo, curvo sulla criniera, impavido, saldo. Improvvisamente il cavallo prende la fuga e si allontana in un galoppo infernale verso l'orizzonte infinito, che il miraggio abbellisce di tremuli laghi sui quali i lontani boschetti di eucaliptus si specchiano nitidamente.

Pochi minuti dopo torna al piccolo galoppo, tutto intriso di schiuma, con gli occhi smorti e la bocca insanguinata, umile, obbediente alla volontà di quel fanciullo attaccato alla sua groppa: domato.