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vita mandriana 135

Pensavo queste cose stamani galoppando come un pazzo per la campagna, nell'ora gloriosa dell'alba. Il primo raggio di sole dorava le cime delle alte erbe ed i calici spinosi dei cardi colossali, mentre in basso, raso terra, persistevano le ultime ombre violastre, come un rimasuglio della notte. Intorno a me si levavano a nuvoli gli uccelli schiamazzando. I cani del mio ospite mi seguivano abbaiando festosamente. Ieri mi hanno accolto ringhiando, ma, dopo avermi annusato con diffidenza e riconosciuto all'odore per un buon diavolo, hanno sollecitato le mie carezze mugolando con l'aria di chiedermi scusa. Ora sono miei grandi amici.

Disseminate per la pianura erano piccole mandrie di buoi, dalla schiena fulva e lucida, pascolanti tranquilli. Due gauchos sopraggiunti di galoppo hanno cominciato a percorrere il campo mandando un grido strano, un ahooo! lungo e gutturale. Li ho veduti sparire lontano, fra le erbe, con le camiciole svolazzanti nella foga della corsa come blouses di fantini: poi sono tornati al loro galoppetto criollo, silenziosi e tranquilli.

Stavo chiedendomi la ragione di quella corsa, quando ho osservato una cosa strana. I buoi ai gridi dei due uomini hanno cessato dal pascolare, levando il muso come per ascoltar meglio; poi si sono messi in cammino, lentamente, senza fretta, da bestie che sanno il fatto loro, ruminando per non perdere il tempo. Ecco che in un minuto tutte le mandrie sono in moto, sfilano attraverso il campo da ogni parte dirette ad un punto lontano, una radura senz'erba, dove s'adunano. È una specie di meeting di buoi; arrivano, si fermano placidamente e aspettano. Dopo poco tempo ve ne è una folla di migliaia.

Il mio ospite, che mi ha raggiunto, mi spiega che il luogo del convegno si chiama rodeo, che i buoi li si aduna per «lavorarli», ossia per scegliere i migliori,