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132 l’argentina e gli italiani

strazioni pubbliche vi sono, che governi si succedono al potere, e che giustizia vi regna.

Uno studioso di scienze economiche che conosce profondamente le finanze della Repubblica, mi diceva un giorno: Se si fosse dovuto studiare a bella posta uno speciale sistema di governo e di finanza per rovinare questo paese, non si poteva far di meglio che applicare i sistemi che sono stati applicati!



San Jacinto è arrivato improvvisamente, tanto più che tali profonde meditazioni politico-finanziarie mi avevano conciliato un sonno non meno profondo. Mi sono svegliato all’ombra di enormi eucaliptus fiancheggianti un bel viale. Da una parte, fra i tronchi, vedevo una distesa di giardino, fra il cui verde appariva una villetta rosa, una di quelle villette americane basse e irregolari, così simpatiche e ospitali con le loro verande, le loro balaustrate fiorite e i loro patios freschi come cortiletti di convento. Come certe fonti pare che invitino a bere, così queste case criolle pare che invitino ad entrare. Fra gli alberi, lontano, gruppi di casette, anch’esse color rosa, scuderie a fascie rosse e bianche, tettoie, una chiesuola dal campanile acuminato. Due gauchi a cavallo hanno traversato galoppando il viale, lontano, fra nembi di polverone.

Un gentiluomo in reding-dress seguìto da due grossi mastini inglesi è comparso sul viale al rumore della vettura, e mi è venuto incontro sorridendo. Era il capo dell’estancia, il governatore generale di San Jacinto e del suo popolo mansueto.

Io lo credevo un estanciero criollo; e immaginino i lettori la mia gioia quando mi sono sentito dare il benvenuto nel più puro idioma bolognese. Ci siamo salutati con effusione.