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il lusso nell’argentina 103


si è infiltrato a poco a poco in tutte le classi, che si rivela negli atti più semplici della vita, che è divenuto quasi una necessità. Nelle epoche dei grandi guadagni e delle speculazioni colossali, che sono così recenti e sembrano favolose, si sono create delle abitudini che resistono tuttavia, e resisteranno pur troppo fino a che sarà facile sacar plata — trovar denari — a chi ha il privilegio di vivere nell’immensa rete dell’intrigo politico.

Il primo sintomo caratteristico della malattia del lusso, lo straniero l’osserva appena sbarcato, prima di vedere e sapere nulla, niente altro che allo scorgere il modo con il quale l’argentino porta in tasca il suo denaro. Noi abbiamo la meschina abitudine del portafoglio che, se i borsaioli lo rispettano, serve a conservare i nostri biglietti di banca ben piegati e classificati. Qui il portafoglio per il denaro è una gretteria che fa sorridere di disprezzo fin l’ultimo almacenero; l’argentino porta la sua carta monetata insaccata nelle tasche dei pantaloni. Qualunque somma è portata così, come il fazzoletto. Per pagare si tira fuori un pugno di biglietti, se ne getta uno tutto spiegazzato al venditore con un’inimitabile aria di disdegno, e si ripone il resto con noncuranza nella solita tasca, picchiandoci sopra un colpetto per diminuirne il volume.

Questa strana ostentazione di disprezzo per il denaro, forma una caratteristica argentina veramente rivelatrice. È una questione di amor proprio, di orgoglio curiosamente sentito; in fondo è una contraddizione patente che costa molto e che forma da sola una delle principali spese di lusso. Non si guarda alla spesa purchè il gesto sia bello. C’è sempre una certa ricerca dell’effetto. Ho visto una sera in un caffè a Buenos Aires un giovanotto, un compadrito (teppista elegante), il quale, ferito alla testa da una bastonata consegnatagli da un suo buon amico, si asciugava la ferita con biglietti da un peso — i più correnti — che gettava