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ai piedi del carso 43


i fuochi d’artificio. Compà, sente mò — grida allegramente un soldato di guardia al ponte ad un compaesano mentre tuona una raffica — pare ’a festa d’a Madonna! — Gli sembra di sentire i mortaretti delle solennità campagnole. Ed il cratere slabbrato, nero, fumante, che le esplosioni scavano al suolo, è per loro uno spettacolo curioso che li attira. Sono là intorno, aggruppati allo scoperto, incuranti del nemico che li vede, disputandosi le schegge che scottano ancora. Ogni soldato ne ha una in tasca.

Sulla strada così esposta il movimento continua regolarmente. I territoriali divenuti carrettieri e bovari, passano anche loro con i birocci e le mandrie.

Nessuno esita, nessuno si ferma, nessuno devia.


Un distaccamento di bersaglieri ciclisti riposa all’ombra delle casupole, all’entrata di un villaggio: Begliano. Appoggiate ai muri, le biciclette intrecciano ruote e telai in una confusione sottile e geometrica di circoli e di linee; qualche motociclista prova attentamente il motore, che strepita sul cavalletto; i soldati, accoccolati a gruppi sui macigni, conversano placidamente, fumano, fischiettano, e sulle loro teste l’alito caldo e lieve del meriggio fa correre un fremito di piume nere. Gli ufficiali, che hanno trovato delle sedie in una osteria abbando-