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40 ai piedi del carso


che i soldati romani spargevano per ostacolare l’assalto dei nemici, barbari a piedi nudi.

Sotto gli alberi, al bordo della trincea, una sedia, quella povera sedia che compare melanconicamente su tutti i campi di battaglia, che si rinviene abbandonata, sbilenca e triste, ovunque la guerra ha fatto una sosta.


A difesa di questa regione del basso Isonzo gli austriaci hanno trovato un alleato nell’acqua dei canali.

Ai piedi delle alture che sovrastano Gradisca e Monfalcone, scorre un canale creato a scopi d’irrigazione e per usi industriali. Un’alta diga maestosa, lunga quasi mezzo chilometro, chiude l’Isonzo presso il ponte di Sagrado, sul quale passa la strada di Gradisca. L’acqua trattenuta forma un vasto bacino che nutre il canale con una corrente di quasi ventidue metri cubi al secondo. Il livello di questo corso artificiale è più alto della pianura. Spezzando un argine gli austriaci hanno potuto trasformare in paludi vaste plaghe al nord di Ronchi. L’altura di Sant’Elia, che è al di qua del canale, è divenuta una penisoletta, e, fortemente trincerata, ha costituito una posizione avanzata del nemico.

Per alcuni giorni, la zona accessibile alla nostra offensiva si è trovata sensibilmente ristretta dalle acque. Il bollettino ufficiale ha narrato dell’ardimentosa azione di una batte-