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verso l’isonzo 25


Nei vigneti e nei frutteti si lavora, e dalla campagna luminosa, che non è mai sembrata così bella, così folta di vigore, così promettente, scolorata qua e là dal primo imbiondire delle messi, arrivano nella serenità ardente del meriggio i canti dei contadini all’opera, le antiche canzoni dei campi, semplici, larghe e solenni come preghiere.


L’automobile che mi porta fila nella immensa pianura friulana, attraversa ponti custoditi da sentinelle, passa per stazioni di tappa insediate nelle piccole città, affollate di carreggi, intorno alle quali si allargano bivacchi nereggianti di cavalli e parchi automobilistici.

Impossibile deviare dalla via buona. Oltre alle tabelle militari, che, affisse ad ogni crocicchio, dicono ufficialmente la giusta direzione, si trovano indicazioni di tutti i generi, consigli diversi sotto forma di «vedi mano». L’entusiasmo degli abitanti ha spennellato sui muri dei paesi delle grandi frecce accompagnate da diciture sommarie e definitive: «Per Trieste!» — «— Di qui per Monfalcone, Trieste e sempre avanti!» — e non si può sbagliare. Più di un paesello ha già battezzato Via di Trieste, o Via della Vittoria, la strada principale.

Ma la vera, la grande arteria della guerra è la ferrovia. Treni vuoti che tornano, treni pieni che vanno, passano in perpetua successione,