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24 verso l’isonzo


di parchi, ombrate da vecchi platani rigogliosi allineati sui bordi, è un viavai di carri, di carrette, di biroccini, che s’incontrano con lunghe file di autocarri pesanti e grigi del servizio militare. Stupisce e rallegra la serena attività del paese, la quieta normalità che permane anche nelle regioni che odono il rombo del cannone.


La guerra non ha mutato nulla, non ha toccato nulla. Ricordo la tragica sospensione di ogni vita negli altri paesi belligeranti quando il grande conflitto s’iniziò. Si vedevano i segni del lavoro subitamente interrotto sulla campagna francese divenuta deserta, si sentiva l’allarmi, la paralisi, l’angoscia della nazione intera, i villaggi solitari avevano un’espressione desolata, e, cessato ogni commercio, le città costernate tacevano, con le vie quasi vuote fra i negozi chiusi.

Uno straniero che arrivasse fra noi ignaro (per un’ipotesi fantastica) degli eventi, non sentirebbe la guerra nella vita intensa delle nostre città e nella tranquilla operosità dei nostri campi, non si accorgerebbe che stiamo combattendo la più grande lotta della nostra esistenza nazionale.

La guerra ci ha trovati pronti, e niente altro che l’immutata fisionomia della nazione, mentre milioni d’italiani si battono, è già una grande prova di potenza.